Pubblichiamo di seguito l’articolo che ci ha dedicato Emanuele Alessandro Gobbi ispirato dalla nostra degustazione “il Franciacorta, il tempo, le parole per raccontarlo”dello scorso 26 gennaio.
Un grazie di cuore ad Emanuele per il suo bel contributo.

 

La Franciacorta, il cui nome “Franzacurta” è probabilmente riferito all’esenzione dalle imposte sul commercio di cui godevano i villaggi della zona intorno al XIII secolo, è una splendida area bresciana attraversata da dolci colline moreniche, impreziosite da vigneti, ville patrizie, castelli, borghi medievali e monasteri. Più precisamente, la zona si racchiude fra il lago d’Iseo con le ultimi propaggini delle Alpi Retiche e la Pianura Padana, mostrandosi anche come itinerario enogastronomico in grado di offrire motivazioni uniche e ricche suggestioni. 
Un territorio elegante, ma anche un vino di gran pregio a tutti gli effetti e senza troppa presunzione, poiché queste inebrianti bollicine, che si formano ogni volta nel calice e lente salgono sulla superficie per poi esplodere in un impercettibile crepitìo, non sono altro che il frutto di un impegno sapiente: di come natura, uomo e tecnologia possano lavorare insieme. Nessun altro vino viene seguito con così tanta attenzione e, forse, rispetto. Nessun’altra bottiglia viene controllata e curata con tale ansia e trepidazione: una bottiglia alla volta… Tutte… Fino a quella che arriverà fra le mani che faranno saltare via il tappo e verseranno il franciacorta nel bicchiere. Dal nulla si creerà un’atmosfera che, ancora una volta immancabilmente, condurrà alla fantasia e alla spensieratezza. 
Il Mosnel, dal nome dialettale di origine celtica che significa cumulo di sassi, dispone di 40 ettari divisi in sedici appezzamenti che circondano la splendida struttura rinascimentale, sede dell’azienda e delle cantine seicentesche. Emanuela Barboglio, in trent’anni di lavoro, ha portato in maniera entusiasta questa bella tenuta nel piccolo comune di Passirano a figurare tra le più importanti della Franciacorta. Oggi, Giulio e Lucia, i suoi figli, proseguono con altrettanta energia e passione una storia vitivinicola fortemente radicata nel territorio. Il Mosnel si pone quindi come una realtà moderna di sicuro interesse, anche perchè la sua attenzione ad una agricoltura biologica, che si estende al momento su circa metà dei possedimenti e lo stoccaggio di acqua piovana (certificazione Carbon footprint), sono ormai pratiche ecosostenibili appurate. 
Degna di nota è, inoltre, la (ri)adozione della cultivar del pinot bianco, abbandonata dalla maggior parte dei vicini viticoltori, che rappresenta il 20% della superficie vitata e che si è rivelata assolutamente geniale nella loro filosofia produttiva. Il Brut, sicuramente il biglietto di visita dell’azienda, nasce dall’unione di quattro vini: 60% chardonnay (30% fermentato in piccole botti di rovere e 30% frutto di altra annata vinificato in acciaio), 30% pinot bianco e 10% pinot nero, entrambi fermentati in acciaio. La produzione media annuale è di circa 130.000 bottiglie che restano 24 mesi in cantina prima del “remuage”, successivamente sboccate e dosate “Brut” con almeno due mesi di affinamento ulteriore prima dell’uscita sul mercato. Lo stile di questa realtà franciacortina è ben delineato: vengono utilizzate barrique per la fermentazione e la maturazione del 10% di ogni vino; la divisione dei tre vitigni in questione con le suddette percentuali è una costante e il dosaggio di zucchero è piuttosto morigerato. 
Mi garba molto sottolineare la loro corrispondenza stilistica, nel senso che ritrovo sempre nelle diverse sboccature del Brut 2009 (a la voléè, ottobre 2012, giugno 2012 e gennaio 2012) sorprendenti note agrumate e di frutta secca. Il Brut 2008 (sboccatura ottobre 2011 e tra l’altro annata eccezionale in Franciacorta) è caratterizzato da una bellissima acidità e dal piacevole e persistente retrogusto balsamico. Il Brut 2007 (sboccatura ottobre 2010), risultato di una vendemmia difficile e anticipata, è forse il più incerto, anche se le tue timide note floreali sembrano voler reclamare pazienza e riguardo per la sua evoluzione futura. Sono però il Brut 2006 (sboccatura gennaio 2010) e il Brut 2004 (sboccatura ottobre 2007) a regalarmi tutto il loro equilbrio e la loro profondità, con delle marcatissime folate di camomilla, per il primo, di caramello, per il secondo, davvero eccezionali.
Merita davvero una visita e…sicuramente più di un assaggio!

Emanuele Alessandro Gobbi
Emanuele si racconta così: “Ma direi che mi piace definirmi un fanatico dell’enogastronomia che dedica particolare attenzione ed interesse alla relativa storia e cultura. Grazie al lavoro ma anche per passione, ho potuto viaggiare in varie parti del mondo e non mio sono ancora stancato di visitare cantine, frequentare ristoranti e studiare sempre di più le abitudini alimentari dei vari popoli. Dopo i miei studi in scienze internazionali e diplomatiche all’Università di Torino, ho frequentato un master sul no profit in Bocconi per poi approdare nei numerosi progetti di Slow Food. Nello specifico a Pollenzo mi sono occupato di fundraising, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto organizzazioni di viaggi didattici in Italia e nel resto del mondo. Nel mentre ho vissuto in Australia per circa 6 mesi, ho collaborato e collaboro tuttora con agenzie di viaggi e di comunicazione ed ho iniziato a scrivere per Spirito diVino.”

Fotografie di Ivano Antonini e Michelangelo Tagliente